L’onda lunga del Vinile
revival Collezionisti, estimatori, musicofili, tutti con la passione per il vecchio disco nero Il 2013 è stato l’anno del ritorno massiccio dei cari vecchi lp Non è solo pane per i nostalgici, ora non c’è artista che non pubblichi in analogico. In Gran Bretagna l’indotto economico delle «plastiche» parla da sé: 12 miliardi di sterline.
Se non siete mai stati a una convention di appassionati di vinile, cercatene una (se ne tengono a ripetizione oramai) e partecipate. È un’esperienza divertentissima, educativa e sociologicamente significativa. Nell’era della musica liquida, del download, dello sharing ritroverete – se non siete più ragazzini – «i migliori anni della vostra vita» o al contrario avrete modo di scoprire un mondo parallelo fatto di grandi copertine, di dischi che si sfogliano come libri, di plastiche nere che hanno un peso, un calibro. Un suono, insomma. A tenere alta la bandiera nel corso del tempo sono stati soprattutto i giapponesi: ristampe meravigliose di interi cataloghi e una passione inossidabile per il vintage. Nel suo ultimo libro, Ritratti in jazz, Murakami Haruki, compila una scaletta sentimentale di musica afroamericana: da Bill Evans a Thelonious Monk. E sono tutti dischi, dischi che talvolta scricchiolano, ma che hanno un respiro. Neanche una traccia di cd, metacrilato bandito. La compravendita on line ha sostenuto l’ascesa del vinile: aste agguerrite su Ebay per aggiudicarsi un Miles Davis originale, un bootleg dei Traffic, un classico degli Stones. Finché il virus del vinile è ripartito con dati e numeri che iniziano a farsi interessanti. Molto interessanti per l’industria discografica quasi al collasso. Capita l’antifona sono partite anche le ristampe. I dj’s dei club più in voga hanno fatto il resto. Oggi non c’è artista che non pubblichi anche su «plastica» nera. Rem, Radiohead, U2, Pearl Jam, Eminem ad esempio, non hanno mai abbandonato il formato analogico. I dati di vendita di Amazon Uk sono illuminanti: in un periodo compreso tra il 1999 e il 2013 ai primi posti ci sono album nuovi di zecca e recentissimi: Daft Punk in testa alla lista. Random Access Memories ha venduto 19.000 «pezzi» in vinile nella prima settimana di uscita, il 6% degli acquisti complessivi. Seguono Adele, Amy Winehouse, l’ultimo David Bowie. Il che significa che non si cercano più solo gli album del passato ma che c’è un mercato nuovo, formato dai consumatori più giovani, e in movimento. Secondo la Bpi, la federazione dell’industria musicale britannica, un terzo dei fan irriducibili del vinile ha meno di 35 anni. E Lou Reed dice… E infatti solo in quinta posizione troviamo un classico come The Dark Side Of The Moon dei Pink Floyd oggi anche in versione deluxe con poster incluso, rimasterizzazione perfetta e una serie di tracce aggiuntive in Mp3. Costa tra i 25 e i 27 euro (a fronte dei 19 su cd) ma il piacere di possedere un oggetto di culto non ha (quasi) prezzo. Proprio Amazon ha fornito alcuni numeri: dal 2008 la vendita di vinile è cresciuta del 745%, sostenuta dall’Autorip, un sistema che permette di ascoltare l’album anche in streaming. L’Italia è considerata il settimo mercato mondiale per il disco in vinile e il quinto in Europa dietro Germania, Gran Bretagna, Francia e Olanda. Un articolo pubblicato dal Guardian nelle scorse settimane, prova a tracciare grazie ai dati della Bpi, l’identikit del consumatore analogico: uno su cinque acquista un disco una volta alla settimana e sette su dieci almeno una volta al mese. E nella propria collezione possiede una media di 300 Lp e 80 singoli. Lo aveva detto Lou Reed, d’altraparte. «Non mi fido dei cd, sono supporti che si smagnetizzano nel tempo. Gli album in vinile al contrario rimangono, forse gracchiano, ma continuano a suonare. Teneteveli stretti». L’industria discografica che ha pensato di uccidere la plastica a favore del metacrilato è rimasta schiacciata dai piccoli dischi argentati. E adesso tenta di correre ai ripari. In Gran Bretagna l’indotto economico del vinile parla da sé: 12 miliardi di sterline solo nel 2013 con punte da 2 miliardi nel giorno del Record Store Day, il giorno che celebra la resistenza dei piccoli negozi che hanno continuato a vendere Lp e 45 giri. Il giorno in cui vengono immessi sul mercato album rari o con tracce inedite, o pensati appositamente per l’occasione. Come Live at Kcrw di Nick Cave e dei Bad Seeds uscito lo scorso aprile in analogico e stampato solo ora anche in versione digitale. Parallelamente torna a crescere il mercato dell’hi-fi, quello delle puntine e dei piatti. E rialzano la testa anche le musicassette che proprio nel 2013 hanno compiuto 50 anni: fu la Philips che cominciò a realizzarle nel 1963 per soppiantare le bobine. Ebbero un boom negli Ottanta grazie al walkman poi lentamente iniziarono a sparire. Eppure c’è chi, anche in questo settore, non ha mai mollato. Per esempio la National Audio Company Inc., una fabbrica americana di supporti per ascoltare musica, che produce fino a 100mila cassette al giorno. «E le vendiamo tutte», sostengono con una punta di orgoglio.
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